Il Santuario è stato costruito fra il 15 agosto 1624 e il 15 maggio 1633 su disegno di un frate cappuccino, l’architetto P.F. Michele da Bergamo. Nel 1662, per ordine del Papa Alessandro VII, il grande architetto Lorenzo Bernini ampliò la chiesa aggiungendo 2 cappelle, rifacendo la facciata, rivestendo la cupola di piombo e soprattutto costruendo il tempietto dove è collocata l’immagine della Madonna, da tutti considerato un capolavoro. Fiancheggiato da due statue che rappresentano S. Benedetto e S. Giovanni Gaulberto, due Santi della congregazione dei monaci Basiliani, primi custodi del Santuario. Il Tempietto è formato da 4 colonne che sui loro capitelli corinzi sostengono una meravigliosa trabeazione sormontata dalle due statue della Mansuetudine e dell’Innocenza e da due candelabri a faci accese che danno slancio alla struttura e portano il visitatore a spaziare verso il cielo. L’altare maggiore è un vero gioiello d’arte, elegante e ricco di marmi preziosi. La navata della chiesa lunga 39 metri e larga 9, è fiancheggiata da sei cappelle, tutte di buona fattura e ricche di marmi preziosi. Le tre a sinistra sono dedicate a S. Tommaso da Villanova, a S. Antonio da Padova e a S. Giuseppe; le tre di destra a S. Francesco di Sales a S. Ignazio di Loyola, fondatore dei Gesuiti e al Sacro cuore di Gesù. Le due cappelle della crociera sono dedicate al SS. Crocifisso e alla natività del Signore. L’immagine della Madonna è stata dipinta nel X secolo su un sottile intonaco sopra un masso di peperino. Non è un capolavoro dell’arte ma ha un grandissimo valore di devozione. Ha nella mano sinistra un ramoscello di rose senza spine, simbolo del suo immacolato concepimento, con l’altra sorregge Gesù che benedice; sul manto sono rappresentate 13 stelle. Inizialmente questa immagine si trovava in una piccola edicola di legno in fondo alla vallata sottostante l’attuale santuario ed era venerata dai contadini che, per conto dei monaci Basiliani di Grottaferrata, si recavano a coltivare i campi della Valle d’oro (da cui è poi derivato il nome di Galloro). Nel corso dei secoli la zona venne abbandonata e l’edicola venne circondata da folte sterpaglie fino al marzo del 1621 quando un ragazzo, volendo raggiungere la S. Immagine, diede fuoco alle sterpaglie e notò che il fuoco aveva miracolosamente risparmiato il boschetto circostante e l’edicola di legno che custodiva l’immagine. Lo stesso ragazzo sperimentò poi la protezione della Madonna che lo salvò mentre stava per essere schiacciato da una catasta di legna ed altri eventi miracolosi accaddero a molti altri abitanti di Ariccia che iniziarono con sempre maggiore fervore a venerare la Madonna. Venne perciò costruita una cappella al posto della vecchia edicola in legno. Dopo poco tempo per i molti fedeli e sacerdoti che vi si recavano in pellegrinaggio anche questa cappella divenne insufficiente e così si decise di costruire l’attuale Santuario.