La storia del Santuario si perde nei secoli. Eretto nel 1274 ad iniziativa dell’Abbazia di Acquaformosa, fu ampliato tra il 1633 e il 1646; distrutto dal terremoto del 1783 e ricostruito nel 1834, fu restaurato alla fine dell’Ottocento e poi nuovamente rifatto e ampliato dal 1920 al 1929. La statua della Madonna fu ritrovata dal pastorello sordomuto di Scalea, Giuseppe Labazia che, sentendosi chiamato per nome da una voce di donna, la scoprì tra gli elci; per prodigio riacquistò l’udito e la parola e fu il primo a praticare e a divulgare la devozione alla Madonna. Essa è posta posta sul lato destro entrando in Basilica, è un monolito di pietra tufacea, fatta da mani non troppo esperte, ma frutto di una grande devozione alla Madonna. Ha un fascino particolare e qualcosa di misterioso; sembra che parli, che voglia dire qualcosa in un’espressione umana e divina insieme, quasi consolatoria, mentre tiene sul braccio sinistro il Bambino Gesù. Al Santuario si arriva attraverso un andirivieni di tornanti che si incuneano nella montagna. Petruto, cioè pietroso, roccioso, irto di pietre, è il nome di tutta la zona. Da petruto facilmente l’espressione dialettale fece passare il nome al Santuario, che così diventò Santuario del Pettoruto. Salendo dal fiume Rosa, che attraversa la gola della vecchia via istmica dei romani da Sibari al Laos, si arriva nell’ampio piazzale Immacolata antistante la Basilica. Il Santuario del Pettoruto è centro di spiritualità, cuore della diocesi, è luogo d’incontro e di intensi momenti di religiosità popolare. La prima domenica di maggio di ogni anno si svolge la Festa della Cinta che è il giorno del ringraziamento e dell’apertura dei pellegrinaggi. La ricorrenza ha inizio dopo il disastroso terremoto del 1783. Gli abitanti di San Sosti e dei paesi vicini decisero di porsi sotto la protezione della Vergine e formarono una lega di preghiera , una recinzione, cioè una cinta di difesa, un muro di fede e di speranza e tutti pregavano come sa pregare la gente semplice. Una fanciulla vestita di bianco, porta sul capo un cesto di vimini, foderato di candida seta e adornato di fiori, colmo di una lunga cordicella imbevuta di cera, che offre alla Madonna in nome di tutti e in ringraziamento: la cinta. Giunti nel Santuario la cinta viene tagliata in piccoli pezzi e distribuita ai pellegrini quale segno della devozione alla Madonna.