Beata Vergine dell’Elemosina – Biancavilla

Nel 1482, a seguito della vittoria dei turchi musulmani sulla terra d’Albania, una colonia di profughi, proveniente dalla città di Scutari e guidata da Cesare De Masi, sbarcò in Sicilia: e con i profughi in cerca di terre ospitali, anche l’Icona bizantina della teotòkos (Madre di Dio), una reliquia del soldato martire d’Arabia, Zenone, e una croce in legno di stile orientale. Gli esuli sostarono a 30 km circa da Catania, in un campo denominato “Callicari”, proprietà dei Conti Moncada di Adernò; da qui avrebbero dovuto riprendere il viaggio per raggiungere i compatrioti che si erano stanziati nei pressi della città di Palermo (l’attuale Piana degli Albanesi) onde poter professare liberamente il loro simbolo cristiano. Secondo il racconto della tradizione, appeso il quadro ad un albero di fico, nottetempo, questo vi rimase prodigiosamente impigliato tra i rami: ciò venne interpretato come la volontà della Vergine di fare di quel luogo la loro definitiva dimora. Fu l’origine della città di Biancavilla. Nel volto “orientale” di Maria, sono contenuti i tratti identificativi della storia del suo popolo, dei biancavillesi. Quell’immagine rappresenta il più forte elemento di identificazione della comunità albavillensis , che in Maria ritrova la sua origine, ma anche il senso, primo ed ultimo, della sua esistenza. Anche per tutti i segni prodigiosi che, nei secoli, hanno confermato la predilezione della Vergine Madre per quella terra “da lei voluta”. Gli annali della città sono ricchi di racconti di eventi straordinari di ordine soprannaturale:   la città fu risparmiata dalle terribili conseguenze della peste che si diffuse nell’Isola nel 600; la tragica siccità della metà dell’800 venne prodigiosamente interrotta da una pioggia torrenziale che colse all’improvviso una processione straordinaria dell’Icona della Vergine, realizzata proprio per chiedere il dono della fertilità della terra; interventi straordinari si sono registrati anche a seguito delle continue eruzioni dell’Etna, che non hanno mai danneggiato la città e i suoi abitanti, essendo stato deviato miracolosamente il corso del magma; neppure i più devastanti terremoti che hanno scosso la Sicilia occidentale (il più noto quello del 1693), produssero mai alcun danno per gli abitanti di quella terra “benedetta da Maria”. Anche per queste ragioni, nel corso dei secoli la popolazione è venuta crescendo, e la città si è sviluppata conseguentemente, soprattutto per l’arrivo delle migliaia di persone provenienti dai paesi pedemontani, colpiti dalle calamità naturali. È sicuramente dopo il 1488, dopo che il Conte Tommaso Moncada accordò agli “esuli greci” il permesso di caseggiare che, verosimilmente, può datarsi il primo nucleo dell’attuale Basilica, originariamente intitolata a S. Caterina d’Alessandria. Dal 1555 la chiesa, però, risulta già dedicata a “Nostra Signora della Limosina” e viene appellata Matrice, il che lascia intendere che nel Casale di Callicari (antico nome di Biancavilla) doveva esserci qualche altra chiesa, sicuramente quella di S. Rocco (l’odierna chiesa del Rosario). Non è possibile sapere quale fosse la forma o la tipologia di questa primitiva chiesa, è certo, tuttavia, che tra il 1488 ed il 1602 la fabbrica subì notevoli trasformazioni. Nel 1654 è data licenza, dal Vescovo, Mons. Marco Gussio, di ingrandire la chiesa “portandola a quattro archi e di farne il tetto di legname”. Ciò significa che tra la fine del ‘600 ed i primi del ‘700 la pianta doveva, sicuramente, essere a tre navate e quattro campate, ma se l’impianto fosse di tipo basilicale privo di transetto o a croce latina con transetto è difficile stabilirlo (è molto probabile che il transetto, il coro e la cappella di S. Placido esistessero già nel ‘600). Nel 1734 la fabbrica fu allungata d’altri tre archi. Tra il 1773 ed il 1776 si diede inizio ai lavori per la volta. Il tetto fu ultimato definitivamente solo nel 1846. Ne l 1857 furono appaltati i lavori per la pavimentazione marmorea, commessa al marmista Carlo Cali da Catania e quelli per la costruzione della Cupola sotto la direzione dell’ing. Gaspare Nicotra da Catania. La cupola, del diametro interno di mt. 7,50 fu ultimata con lanternino, affrescata da Giambattista Russo palermitano, e solennemente inaugurata il quattro ottobre 1859, festa di Maria SS. dell’Elemosina. Ma solo dopo cinque mesi, nel febbraio del 1860, essa rovinava, con gravi danni al nuovo pavimento alla volta ecc. Sulle ragioni del crollo sono state avanzate ipotesi differenti: il cattivo impasto utilizzato; la prematura rimozione delle centine;   le gravi carenze del progetto , redatto dall’ing. Nicotra. Tra il 1889 ed i primi del ‘900, essendo sindaco il Cav. Alfio Bruno (padre del poeta Antonio), fu dato incarico all’arch. Carlo Sada da Milano, (esperto e maturo architetto, autore di centinaia di progetti ed opere, professore ed accademico di S. Luca a Roma) di realizzare il prospetto della chiesa. Applicando tutte le moderne tecniche ottocentesche, dal cemento all’acciaio, eresse il monumentale campanile,che ancora oggi è considerato il simbolo della città. insieme al campanile (alto m. 42) ridisegnò anche la facciata, collocando sul cornicione le statue dei santi Giuseppe, Zenone, Placido, e Caterina d’Alessandria. Quest’opera, come le precedenti, fu totalmente promossa e sostenuta dalla amministrazione comunale e dai cittadini, i quali vi contribuirono sia attraverso generose largizioni in denaro, sia partecipando personalmente ai lavori manuali. Dopo il 1900, l’opera è rimasta invariata, fatta eccezione di piccoli interventi quali rifiniture interne, infissi, ecc. L’opera ha oggi due aspetti: il lato sud, comprendente la facciata ed il campanile, è monumentale ed organico; il lato ovest, prospiciente piazza Roma, risulta monco, poiché alla splendida mole del campanile non corrisponde la “mancata” cupola.