Sul finire del XV secolo la Confraternita dei Disciplinati di Ortonovo edificò una cappella intitolata alla Vergine e fece dipingere sulla parete ad un anonimo artista un affresco raffigurante la drammatica scena della Depsizione di Cristo, in cui la Vergine veniva raffigurata accasciata e semisvenuta ai piedi della Croce. Il 29 luglio 1537, mentre le donne del paese pregavano dinnanzi all’affresco, l’immagine della Madonna cominciò a lacrimare sangue vivo. Si gridò subito al miracolo e, col diffondersi della notizia, folle di fedeli cominciarono ad accorrere al piccolo oratorio, attirate soprattutto da notizie di grazie e di guarigioni che in quel luogo si ottenevano per intercessione della Madonna. Per contenere il sempre più crescente numero di visitatori, i priori della confraternita decisero nel 1540 la costruzione di un grande santuario in onore della Beata Vergine Addolorata. Il progetto, commissionato all’architetto Ippolito Marcello di Lucca, prevedeva la realizzazione di una chiesa a tre navate affacciata sulla pianura di Luni. Per l’esiguità dello spazio disponibile, l’antico oratorio fu distrutto ma naturalmente fu preservata la parete che conteneva l’affresco della Deposizione, oggi custodito in uno splendido tempietto realizzato alla fine del `700 e posto a sinistra rispetto la navata centrale. I lavori furono completati, dopo oltre 25 anni, solo nel 1566. Con l’apertura del nuovo santuario aumentarono ulteriormente le presenze dei pellegrini Fu per gestire meglio la cura del pellegrinaggio che nel 1584 la confraternita affidò il santuario ai Padri domenicani. Con la presenza dei domenicani, il Santuario ricevette notevoli benefici anche dal punto di vista estetico: fu costruito immediatamente un ampio convento adiacente alla chiesa; nel 1601 fu realizzata la sacrestia; nel 1650 fu aperto un ampio coro dietro la sacra edicola; nel 1749 fu eretto il bellissimo altare marmoreo dovuto allo zelo del padre priore Celso Furia, mentre nel 1796 fu aggiunto l’attuale prezioso tempietto, opera insigne del celebre architetto carrarese Giò Matteo Calabroni. La conquista della Liguria da parte delle armate napoleoniche preannunciò il periodo più buio della storia del santuario; nel 1800 i frati domenicani furono espulsi da Ortonovo e lasciarono il santuario nelle mani della confraternita ormai ridotta a pochissimi componenti e non in grado di gestire una struttura così imponente. Fu nel corso di questi anni di dominazione francese che il toponimo mortineto, usato per oltre tre secoli, si trasformò in mirteto, probabilmente a causa delle storpiature che avvenivano nel passaggio dall’italiano al francese, lingua quest’ultima, adottata nei documenti ufficiali. Dopo la caduta di Napoleone il Santuario fu abbandonato a se stesso e veniva ricordato dai fedeli soltanto quando qualche pericolo minacciava i raccolti o la salute della gente. Fortunatamente nel 1888 il vescovo decise di riaffidare il Santuario alle cure dei frati domenicani che si posero subito al lavoro e in poco tempo ripararono i danni causati da quasi un secolo di incurie donando al santuario della Nostra Signora del Mirteto quell’aspetto imponente e mistico che tutt’oggi possiamo ammirare.