Definizione teologica

La terminologia usata per descrivere le apparizioni non è stata sempre omogenea nella storia della Chiesa. Il Concilio di Trento, ad esempio, scrive di esse come di “rivelazioni speciali”, mentre Benedetto XIV preferisce chiamarle “rivelazioni private” per distinguerle nettamente dalla “Rivelazione pubblica” dalla quale essenzialmente differiscono.

Non esiste nemmeno un’interpretazione univoca delle apparizioni, a causa dei presupposti culturali, ideologici e religiosi, con i quali esse vengono lette.

a) Oraison definisce le apparizioni un meccanismo allucinativo, cioè una percezione senza oggetto, per cui i veggenti sono dei visionari e le apparizioni una malattia psichica;

b) Holstein vede nell’apparizione un meccanismo di risposta a tre bisogni psicosociali: il bisogno di fatti contestabili, il bisogno di protezione e di emotività religiosa e il bisogno di sicurezza;

c) Drewermann pensa che le apparizioni siano la proiezione visiva di immagini ideali che provengono dallo stato profondo della psiche umana, per cui rientrano nel linguaggio simbolico e possono essere interpretati solo attraverso il rifacimento simbolico;

d) Vergote paragona le apparizioni ai sogni per cui esse sono una rappresentazione includente la sensazione della realtà, di immagini e modelli presenti nel ricordo e provenienti da potenti motivazioni affettive;

e) Dierkens considera le apparizioni non un fenomeno patologico o religioso, ma manifestazioni normali del vissuto creativo umano così come la creazione artistica o l’attività onirica.

Uno studioso che crede in Dio e nella possibilità che Egli possa rivelarsi nella storia, definisce l’apparizione come un’esperienza psichica nella quale “persone non percepibili dalle nostre facoltà visive e auditive, nonostante siano inaccessibili alla nostra esperienza umana, entrano sopranaturalmente nella sfera dei sensi”. René Laurentin vede nell’apparizione “la manifestazione visibile di un essere, la cui vista in quel luogo o in quel momento, è inconsueta e impensabile, secondo l’ordine naturale delle cose”. Stando a queste definizioni, l’apparizione risulta caratterizzata da due elementi: La “presenza” di una persona che si trova al di fuori della normale esperienza dei sensi e la “percezione” di questa presenza per via di conoscenza sensibile. Il veggente, che spesso cade in estasi, si estranea cioè dal mondo che lo circonda pur restando nel pieno possesso delle sue facoltà, è convinto di trovarsi in contatto diretto e immediato con l’essere che gli si è manifestato, il quale non si presenta come un’immagine statica, ma ha tutte le caratteristiche della tridimensionalità.

 

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Test: Definizione teologica

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Secondo la teologia, le apparizioni mariane sono:

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L'apparizione mariana risulta caratterizzata da questi elementi:

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Le apparizioni della Vergine:

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Il veggente che ha un'apparizione mariana:

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