Beata Vergine del Pilastrello – Lendinara

Era il 1509 quando accadde a Lendinara un fatto prodigioso destinato a condizionare in maniera profonda la vita della popolazione. Nella notte tra l’8 e il 9 maggio si abbatté un violento temporale che provocò lo sradicamento di alberi e lo scoperchiamento di alcune case. Nelle primissime ore del mattino un certo Matteo Brandolese percorreva la strada proveniente da Cavazzana. Arrivato in prossimità del borgo Roverese, vicino al casolare di Giovanni Borezzo, rimase estasiato da un bagliore proveniente dalla statua di una Madonnina, che era stata strappata dalla bufera da una nicchia posta sulla facciata della casa dello stesso Borezzo. La statuetta era stata portata dalle raffiche di vento sopra una siepe, dove rimase per moti giorni, divenendo per il suo splendore meta di curiosi e fedeli. L’avvocato Lorenzo Malmignati, venuto a conoscenza dell’insolito fatto, decise di costruire a proprie spese un capitello per collocarvi la statuetta. Nel 1570 Ludovico Borezzo, discendente di Giovanni, decise di restaurare l’ormai fatiscente capitello della Madonna. Per impastare la calce venne attinta acqua da una fonte vicina, ma essa da chiara e limpida diveniva di color sangue. L’accaduto produsse grande impressione. Correvano tempi difficili per il Polesine. Lo straordinario fenomeno si ripeté al termine di una processione propiziatoria per le vie cittadine. Ad esso fecero corona numerosi altri fatti miracolosi connessi all’acqua sgorgante dalla fonte. Il magnifico consiglio di Lendinara deliberò il 20 aprile 1577 “di prendersi cura e patrocinio del luogo”. Le autorità diocesane – era allora vescovo mons. Giulio Canoni – dopo un accurato processo diedero il benestare all’erezione di un santuario. Il 26 agosto i 577 fu posta la prima pietra e dopo neanche due anni il tempio era completato. Il 16 maggio 1579, a 70 anni dalla prima straordinaria manifestazione, il taumaturgico simulacro della Madonnina fu trasportato dal Capitello alla nuovissima chiesa e posto in un nuovo altare di marmo “trono di petizione e di amore”. Nel 1595 la città di Lendinara fu consacrato ufficialmente alla Madonna del Pilastrello. Ad officiare i tempio furono chiamati i monaci benedettini di Monte Oliveto, che godevano di un ruolo importante in tutta l’area veneta e in particolare in quella polesana. Rimasero a Lendinara fino alla soppressione dell’ordine sopravvenuta ne 1771. Dopo la soppressione la gestione spirituale del tempio fu affidata a dei sacerdoti-rettori, nominati dal Consiglio cittadino, fino a che nel 1905 rientrarono in Santuario proprio gli olivetani. La struttura a tre navate fu voluta dall’architetto lendinarese don Giacomo Baccari su schemi albertiani per il radicale restauro realizzato tra a fine del Settecento e gli inizi dell’Ottocento. La facciata col doppio ordine ritmato da lesene è stata in parte modificata nel 1933. Lo spazio interno è ritmato da archi a pieno centro che dividono la navata centrale dalle laterali poggiando su pilastri. Ciò che colpisce innanzitutto è la decorazione delle volte e del catino absidale affrescati da Giuseppe Chiacigh fra il 1939 e il 1942. In esse vengono raccontate le vicende salienti della storia del Santuario e il profondo legame che unisce la Madonna del Pilastrello alla città.